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Contributi a carico del datore di lavoro: una panoramica

Da Virginia FabrisIl 15/03/21

È, ormai, diventato un luogo comune affermare che, in Italia, il costo del lavoro sia molto alto. È, anche, noto che esista un divario sostanziale tra l’ammontare del salario netto che il lavoratore dipendente intasca e l’importo rilasciato dal datore di lavoro per il suo mantenimento. Si parla, in questo caso, di cuneo fiscale.

Uno degli elementi di maggior rilievo che pesa sul costo del lavoro è costituito dai contributi. Sentiamo continuamente parlare di questi contributi … ma cosa sono e chi deve pagarli?

Il campo della previdenza integrativa può essere di difficile approccio. Attraverso questo articolo vi proponiamo una guida alla comprensione dei contributi, al fine di fare chiarezza su quali siano, in particolare, i contributi a carico del datore di lavoro.

Contributi: cosa sono e a cosa servono?

Quando si parla di contributi, si fa riferimento alle somme di denaro che devono essere pagate all’Inps (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale) e all’Inail (Istituto Nazionale Infortuni sul Lavoro).

I contributi devono essere pagati per supplire a quello che la Costituzione chiama il diritto al sostegno pubblico dei cittadini, nel caso in cui essi si trovino inabilitati al lavoro per:

  • Malattia,
  • Infortunio,
  • Disoccupazione involontaria,
  • Vecchiaia.

Dunque, in tutte situazioni in cui un cittadino non è in grado di mantenersi grazie all’acquisizione di un reddito proprio, egli ha diritto a ricevere un sostegno statale. Quest’ultimo è erogato dall’Inps e risulta dalla somma dei contributi versati dai cittadini lavorativamente attivi o, meglio, da quelli trattenuti dai loro stipendi.

Infatti, il meccanismo dei contributi prevede che il datore di lavoro paghi un determinato stipendio al lavoratore, di cui una percentuale viene ceduta all’Inps, in parte dal datore di lavoro, in parte dal dipendente.

I contributi, sono, dunque, somme di denaro che i datori di lavoro e i dipendenti devono versare all’Inps, allo scopo di garantire il fondo per la previdenza sociale dei cittadini in difficoltà e/o pensionamento.

Ai contributi Inps si aggiungono i contributi Inail destinati a pagare le provvidenze specifiche per malattie professionali o infortuni sul lavoro. Anch’essi devono essere pagati sia dal datore di lavoro che dal dipendente.

I contributi si distinguono in due categorie. Essi, infatti, possono essere:

  1. Contributi previdenziali, finalizzati al supporto del fondo pensione e versati dal datore di lavoro all’ente previdenziale competente, cioè:
    1. Inps per il settore privato,
    2. Inpdap per il settore pubblico;
  2. Contributi assistenziali, effettuati all’Inps o all’Inail al fine di coprire infortuni o malattie professionali, invalidità o malattia.

Chi versa i contributi?

Abbiamo detto che i contributi vanno versati in parte dal datore di lavoro e in parte dal dipendente. Tuttavia, è necessario specificare questo concetto.

Infatti, In presenza di un rapporto di lavoro subordinato, sia esso a tempo determinato o indeterminato, è sempre il datore di lavoro a dover pagare i contributi Inps. In questo caso egli dovrà impegnarsi a versare la propria quota a carico e quella a carico del dipendente, recuperata tramite la cosiddetta trattenuta in busta paga.

Solo quando il lavoratore non è legato al datore di lavoro da un rapporto di lavoro subordinato, è il lavoratore stesso ad essere tenuto a versare i contributi. È questo il caso dei liberi professionisti o dei lavoratori in partita Iva. In questo caso, i contributi saranno erogati alla cassa di previdenza di riferimento (ad esempio nel caso di avvocati, commercialisti o ingegneri). Qualora essa non sussista, i contributi vanno versati all’Inps.

Contributi a carico del datore di lavoro: sono obbligatori?

Sì, il versamento dei contributi da parte del datore di lavoro è, di norma, obbligatorio, a meno che non intervengano specifiche disposizioni legislative che lo smentiscano (riferimento di legge: articolo 2115 del Codice Civile).

Infatti, il datore di lavoro è l’unica parte considerata responsabile dell’effettuazione del versamento dei contributi sia civilmente che penalmente, qualora sussista un rapporto di lavoro subordinato con i dipendenti. Invece, come detto, per i lavoratori autonomi, i contributi sono interamente a carico del prestatore stesso.

☝ Periodicamente, al fine di agevolare ed incentivare le assunzioni, vengono varate disposizioni di legge che riducono gli oneri contributivi oppure, addirittura, li annullano (ad esempio con la decontribuzione per i nuovi assunti nel 2015). Dunque, è bene tenersi costantemente aggiornati sui nuovi emendamenti introdotti in materia.

Cosa accade in caso di mancato o parziale versamento?

Esiste un sistema sanzionatorio, disciplinato dalla legge n. 388 del 2000, che descrive i provvedimenti previsti in caso di mancato o parziale versamento dei contributi.

Le sanzioni, suddivise in civili e sanzioni penali, sono previste in casi di:

Omissione contributiva, ogni qualvolta si verifichi un ritardo nel versamento dei contributi risultanti dalle documentazioni fornite dal datore di lavoro;

Evasione contributiva, qualora le registrazioni e le documentazioni obbligatorie relative al versamento dei contributi siano state occultate od omesse dal datore di lavoro.

Il “lavoro in nero”, ad esempio, costituisce un reato ed ha, dunque, conseguenze penali. In questo caso, comunque, le sanzioni sono previste a partire dai 3000 euro per dipendente, indipendentemente dalla durata della prestazione lavorativa di quest’ultimo.

A quanto ammontano i contributi?

Esistono delle soglie minime e delle soglie massime di retribuzione dei contributi, detti minimale e massimale contributivi:

  • Minimale contributivo: è l’importo minimo che il datore di lavoro deve versare all’Inps per ogni dipendente. Esso ha lo scopo di tutelare il dipendente, in quanto gli garantisce uno stipendio minimo.

    👀 Il minimale contributivo viene rivalutato ogni anno e corrisponde, attualmente, per l’anno 2021, a 27,21 euro.

  • Massimale contributivo o tetto retributivo: è l’importo oltre al quale non è previsto l’obbligo di pagamento della contribuzione previdenziale.

    👀 Per il 2021, esso la soglia è stata fissata a 103.055,49 euro (103.055,00 arrotondato all’unità di euro).

Come si calcolano i contributi?

Innanzitutto, c’è da fare una premessa: sulla base della cosiddetta armonizzazione della base imponibile fiscale e contributiva, tutte le somme rilasciate ai dipendenti che sono soggette al pagamento delle tasse e, dunque, su cui il dipendente paga l’Irpef, sono anche soggette al pagamento dei contributi. Ciò significa che ogni somma erogata dal datore di lavoro al dipendente è soggetta al pagamento dei contributi.

Esistono, tuttavia, delle eccezioni, che corrispondono a quelle per il pagamento dell’Irpef. Infatti, non sussiste l’obbligo di pagamento dei contributi sulle seguenti somme concesse ai dipendenti:

  • Rimborso spese vive sostenute per finalità di lavoro;
  • Indennità di trasferta per somme superiori a 1.500 euro;
  • Somme erogate al momento della cessazione di rapporto (trattamento di fine rapporto, incentivo all’esodo, ecc.);
  • Fringe benefit.

☝ Per il calcolo dei contributi, l’Inps mette a disposizione un’impostazione per effettuare una simulazione del calcolo dei contributi che il datore di lavoro dovrà versare mensilmente. Il procedimento è effettuabile tramite l’apposito spazio/sezione denominato “Simulazione Calcolo Contributi” sul sito dell’Inps.

Aliquota contributiva

I contributi si calcolano mediante l’applicazione dell’aliquota contributiva alla retribuzione imponibile del dipendente. L’aliquota non è sempre uguale, ma il suo valore cambia in base al settore e alla categoria di impiego del dipendente.

In generale, l’aliquota contributiva corrisponde al 9/10% quando a carico del lavoratore e al 25/30% quando a carico del datore di lavoro.

Come si pagano i contributi?

I contributi si pagato attraverso il modello F24, mediante l’intestazione di quest’ultimo all’istituto previdenziale. Il datore di lavoro è tenuto a comunicare all’Inps su base mensile l’ammontare dei contributi che egli deve versare, attraverso il cosiddetto flusso Uniemens.

Esso consiste in un mezzo tramite cui il datore di lavoro comunica il totale delle somme pagate a titolo di retribuzione ai dipendenti in quel mese specifico, in modo da poter ottenere notifica dell’importo di contributi da versare.

☝ Il datore di lavoro anticipa al dipendente dei pagamenti a carico dell’Inps, tra i quali:

  • Indennità di malattia Inps,
  • Indennità per congedi parentali,
  • Indennità per permessi retribuiti 104,
  • Cassa integrazione guadagni.

Queste anticipazioni vanno considerate nel flusso Uniemens, in cui avverrà una compensazione tra il totale dei contributi che il datore di lavoro dovrà versare e l’ammontare delle somme che gli devono ritornare da parte dell’Inps per le provvidenze anticipate, secondo l’equazione seguente:

Totale dei contributi – totale delle provvidenze anticipate = importo che il datore di lavoro dovrà versare all’Inps.

Quando si pagano i contributi?

Il datore di lavoro è tenuto a versare i contributi entro il giorno 16 del mese successivo a quello dell’ultimo periodo di paga.

Ed ora che siete in possesso di tutte le informazioni necessarie sui contributi che il datore di lavoro è tenuto a pagare, non esitate a comunicarci la Vostra opinione con noi nella sezione dei commenti! Condividete dubbi o domande, il nostro team sarà lieto di prendere in esame le Vostre considerazioni!

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